Cronaca

Scuola, reintegrata l'insegnante costretta ad andare in pensione

Scuola, reintegrata l'insegnante costretta ad andare in pensione


scuola_vivenza_avezzano.jpg

AVEZZANO. Il Giudice del lavoro Giuseppe Giordano riassume in servizio Giuliana Rinaldi di Avezzano, docente dell’Istituto Vivenza-Giovanni XXIII, costretta a lasciare la scuola dallo scorso primo settembre, con soli 16 anni di contribuzione, perché l’ufficio pensioni dell’Usr. d’Abruzzo le aveva respinto la domanda di proroga biennale.

 

La docente aveva compiuto 61 anni prima dell’entrata in vigore del discusso decreto Fornero e, secondo l’Urs, aveva raggiunto il vecchio limite di età per la pensione di anzianità.

 

avv. Salvatore Braghini UIL SCuola.JPGLa maestra si era rivolta alla Uil Scuola per ottenere giustizia. Per tale motivo Enio Taglieri, segretario regionale del sindacato e Salvatore Braghini, responsabile dell’ufficio legale di Avezzano, hanno espresso piena soddisfazione per l’ordinanza di reintegro, in particolare per il fatto che, nella vicenda, una soluzione diversa avrebbe creato un precedente discriminatorio ai danni delle lavoratrici donne.

 

Una volta avviate le pratiche per il ricorso, l’insegnante ha tra l’altro scoperto che, a detta dell’ufficio scolastico provinciale dell’Aquila, avrebbe dovuto lasciare il servizio per limiti di età già dal precedente anno scolastico. Alla Rinaldi, però, non era stato notificato nessun provvedimento di pensione.

 

Il 10 settembre è giunta la tanto attesa ordinanza del Tribunale del lavoro, grazie alla quale, la docente, assistita dai legali Salvatore Braghini e Renzo Lancia, potrà rimanere in servizio per altri due anni.

“La ricorrente” si legge infatti sull’ordinanza “ha diritto a fruire del limite ordinamentale per il collocamento a riposo d’ufficio previsto dalla nuova normativa e quindi a decorrere dal 66esimo anno di età”. “Dunque” prosegue il magistrato “i requisiti minimi di pensione al 31.12.2011 utili per individuare il limite ordinamentale applicabile per il collocamento a riposo d’ufficio, vanno individuati in quelli comuni a uomini e donne, legati o all’età (65 anni) o all’anzianità contributiva (40 anni) o all’età e all’anzianità contributiva (quota 96).”

 

“Se si considerasse rilevante la maturazione dei requisiti minimi per fruire della pensione anticipata di vecchiaia, riservata alle donne prima della riforma, di 61 anni (e 15 anni contributivi)” conclude l’ordinanza “si verrebbe a creare una disparità di trattamento con i colleghi uomini che, a parità di requisiti di età e di contributi, fruiscono del nuovo regime previdenziale e cioè 66 anni”.

 

«Il nuovo regime» commenta Braghini «è infatti considerato più favorevole da quanti, come la ricorrente, avendo una contribuzione minima, hanno interesse a prolungare l’età pensionabile».

«Il Tribunale» prosegue il legale «ha poi riconosciuto alla pratica il requisito dell’urgenza, in quanto un processo ordinario avrebbe causato una perdita irreparabile, potendosi risarcire il mancato guadagno ma non il mancato esercizio dell’attività lavorativa nel ruolo di insegnante».

 

Il Giudice ha anche condannato il Ministero alle spese di lite per 1500 euro. (Mc.dB)