AVEZZANO. L’omicidio del marocchino Erradi Said è solo l’ultimo degli atti criminali che stanno sconvolgendo la Marsica. Un territorio che fino a non molto tempo fa pareva essere immune dai reati che si leggevano solo sui quotidiani nazionali e che sembravano dover accadere sempre e solo lontano dai nostri recinti.
La realtà, però, si è rivelata essere ben differente, come hanno analizzato anche gli operatori di Anolf, associazione nazionale oltre le frontiere, unione di immigrati di varie etnie a carattere volontario, democratico che ha come scopo la crescita dell’amicizia e della fratellanza tra i popoli, nello spirito della Costituzione italiana.
«Ogni giorno con il presidente della nostra associazione» dichiara Nusha Zhuba, mediatrice culturale Anolf di Avezzano «analizziamo tutti i casi del mondo dell'immigrazione che si presentano alla nostra sede durante la giornata e cerchiamo di capire: come dobbiamo fare per risolverli? Che cosa abbiamo fatto in merito? Abbiamo i mezzi giusti? La legge ce lo permette ? Perché molte cose non funzionano da noi in Italia? Dobbiamo vedere altri Stati come lavorano sull'immigrazione e adottare le loro leggi? Domande difficili. Sempre nella tv vediamo i casi gravi e ci auguriamo che nella Marsica, essendo una piccola realtà, non succedano mai, ma poi il male bussa anche alla nostra porta e non possiamo stare in silenzio. Come reagire?».
«Gli accadimenti degli ultimi giorni» continua la mediatrice «ci fanno pensare che abbiamo ancora da lavorare tanto. Una comunità contro l'altra. Italiani contro stranieri, gli stessi contro gli italiani. Tutte le parti coinvolte nei conflitti sembrano avere le loro ragioni. Sarebbe stato bello togliere la parola “straniero” e dire: “queste persone contro altre persone”. È presto per usare tale termine? Verrà mai il tempo in cui una persona non italiana non verrà più chiamata ospite, immigrato, marocchino, albanese?».
«In Italia» aggiunge la Zhuba «si dice che “l'ospite dopo tre giorni puzza” e noi siamo persone che siamo qui anche da 20 anni, ma ancora ci viene addossato questo appellativo: immigrato. Ma se molti di noi hanno anche la cittadinanza e già dietro le spalle portano una seconda e una terza generazione e i nostri figli parlano solo l'italiano che immigrati (stranieri) siamo? Marocchini, albanesi, ma se mangiamo tutti i giorni la pasta come primo piatto non siamo più né marocchini né albanesi, vero?»
«Che facciamo paura è normale perché siamo in tanti. Spesso abbiamo diviso le famiglie, denunciato un molestatore, siamo irregolari, clandestini ma anche cittadini, analfabeti ma anche con tre lauree. Se siamo in questa terra vuol dire che abbiamo scelto l’Italia per vivere, perché la gente è accogliente, perché ha una storia lunga d'immigrazione e ha creato le condizioni ottimali per facilitarci l’integrazione, perché l'abbiamo immaginato come un paese democratico».
«Venendo qua non ci siamo sbagliati» prosegue «perché l'Italia, e con lei la nostra Marsica, è un paese meraviglioso. Purtroppo tra noi c’è anche chi vuole un guadagno facile, ma c’è anche l'imprenditore italiano che ci paga con pochi euro al giorno o per niente per mesi. C’è lo straniero che non paga le bollette, ma c’è anche l’italiano che ci dà le stalle in affitto. C’è chi cerca di integrarsi perché ha una laurea del suo Paese, ma svolge i lavori più umili, perché straniero. Non può votare e partecipare alla vita pubblica. Spesso dobbiamo stare zitti perché, per alcuni, lo straniero è solo un sordomuto e un ignorante che non può “dettare le regole”. Molte volte facciamo le vittime, ma molte volte veniamo offesi. Capiamo, adesso che siamo qua. L’Italia sta invecchiando, è stanca e in piena crisi. Noi vogliamo soffrire con voi, ma anche ringiovanirla, aiutarla, perché adesso è anche la nostra Terra».
«Per noi» confessa l’operatrice Anolf «non è molto facile la convivenza con gli italiani, ma anche con altre comunità. Sono oltre 40 a vivere nella Marsica, rappresentando un piccolo mondo in pochi km quadrati. Portiamo con noi e dentro di noi le consuetudini più strane che vivono nella nostra mentalità e nel nostro cervello, ma voi non dovete avere paura, integrandoci, scompariranno. State male quando nelle nostre famiglie succedono le tragedie. Non potete immaginare quante difficoltà vivono le stesse, non solo economiche ma soprattutto integrative. Se bussate alle nostre porte, capirete. Famiglie unite per procura, differenze di età, di scolarizzazione, la mentalità chiusa, la religione. Qualcuno può dire: “ma non vogliamo sapere di queste cose. Andate nei vostri Paesi”. Siamo qua per una vita migliore, ma se veramente andassimo via chi penserebbe poi a riempire i banchi delle scuole, ad assistere i nonni, a lavorare nei campi?».
«Noi domani» conclude la Zhuba «forse saremo consuoceri, parenti, vicini di casa. Saremo i nuovi italiani. Queste piccole differenze, che forse ci dividono, scompariranno solo se cominceremo a chiamarci per nome, solo se la legge funzionerà per tutti, solo se pensiamo veramente a creare le condizioni perché nessuno in questa terra si debba sentire straniero».