Il suo nome, Rolihlahla, non lascia dubbi. Significa ‘quello che provoca guai’ e di guai ne ha provocati durante la sua vita, soprattutto alle coscienze sporche di chi credeva nella differenza e nella superiorità di una razza e di un colore sull’altro.
Dopo 95 anni di militanza a favore del bene per tutti gli esseri umani, Mandela è andato a riposarsi e oggi i potenti del mondo sono riuniti a Johannesburg nello stadio di Soweto per la sua commemorazione, per ricordare il leader storico dell’African National Congress, per ricordare l’uomo che ha combattuto per una vita con ostinazione pagando un prezzo altissimo ma che alla fine è riuscito a spazzare via lo sconcio del mondo: l’apartheid.
Noi che siamo nati negli anni ’70 abbiamo conosciuto Mandela grazie a una canzone, Mandela Day dei Simple Minds e da allora il ritornello ‘oh oh oh oh Mandela day, oh oh oh oh Mandela’s free’ non ci ha più lasciati.
Nel luglio del 2000 ero a un raduno mondiale di giovani a Malmö in Svezia e partecipai all’incontro con il presidente sudafricano Thabo Mbeki. Mentre ci parlava di futuro, di pace e del rispetto tra gli uomini successe una cosa strana: Mbeki parlava e noi tutti ci sembrava di stare ad ascoltare Mandela tanto era forte la sua presenza nei nostri cuori e nelle nostre teste di ragazzi.
Non era un uomo perfetto, era solo un uomo che per tutta la vita ha inseguito un sogno e alla fine è riuscito a realizzarlo. Ha dimostrato al mondo intero che anche se si è perseguitati senza giustizia e incarcerati per 27 anni, quando si crede di avere tutte le ragioni per utilizzare l’odio verso chi ti ha odiato e compiere la vendetta ebbene quello è il momento di essere uomini migliori, di perdonare e di costruire una convivenza civile e pacifica: non odio, non vendetta ma pace e libertà.
Un amore per la Pace sancito dal Premio Nobel assegnato a lui e a De Klerk nel 1993 che riporta alle parole finali di ‘Long walk of freedom’, l’autobiografia di Mandela: “Per essere liberi non basta rompere le catene, ma vivere in un mondo che rispetti e accresca la libertà degli altri”.
Il suo clan di etnia Xhosa gli aveva affibbiato il soprannome Madiba, quello che è diventato il nome con cui tutti i sudafricani, bianchi e neri uniti in un solo popolo, lo hanno chiamato affettuosamente. Anche noi siamo vicini al popolo sudafricano e allora: Ciao Madiba!
LS