AVEZZANO. «Siamo chiusi in uno storico castello, seduti su comode sedie, eppure oggi abbiamo volato come aquile su tutto il mondo». Questo il commento di don Aldo Antonelli, coordinatore del presidio avezzanese di Libera, al termine del composto, toccante, incisivo intervento di Aleida Guevara March, medico pediatra, figlia di Ernesto “Che” Guevara.
Tante le persone nella platea del Castello Orsini, non solo sulle comode poltroncine, ma anche in piedi, per ascoltare il dibattito pubblico tra il vescovo dei Marsi Mons. Pietro Santoro e la Guevara su “Povertà e diritti nella dottrina sociale della chiesa e nel pensiero di Ernesto Guevara”. Un incontro sociale e sociologico, etico, morale ma non moralista, impegnato ma accessibile.
«La miseria non è un fatto naturale, ma un portato sociale» ha esordito don Aldo «è da qui, quindi, che nasce la campagna di Libera “Miseria ladra”. Tre volte ladra perché ruba il futuro, la dignità e la speranza».
La parola è passata poi al vescovo Santoro che, dopo aver sorriso al saluto di benvenuto di don Aldo “agli amici e ai compagni”, ha dato il via ad un brillante intervento sulla dottrina sociale della chiesa, con riferimenti all’enciclica del 1891 di papa Leone XIII “Rerum novarum”, ma, soprattutto all’“Evangelii gaudium” di papa Francesco. Proprio riprendendo le parole dell’attuale pontefice il vescovo ha evidenziato come né il papa né la chiesa posseggano il monopolio dell’interpretazione della realtà sociale o della proposta di soluzioni per i problemi contemporanei. «Faccio parlare papa Francesco» ha spiegato il vescovo «perché il suo è un linguaggio non dottrinale, ma comunicativo e profetico». Monsignor Santoro ha poi ricordato e commentato molte delle frasi che hanno caratterizzato questo primo anno di pontificato del papa argentino: dalla globalizzazione dell’indifferenza, passando per gli esclusi sfruttati e considerati come avanzi o rifiuti, fino ad arrivare al cultura del benessere che anestetizza l’uomo. «Senza rimanere passivamente in attesa che l’economia cambi» ha provocato il vescovo «che cosa facciamo davanti al caso concreto? Ce lo prendiamo sulle spalle? Tante volte ho proposto a qualche famiglia di Avezzano, della Marsica, di adottare un’altra famiglia». «La buttiamo sempre in politica» ha aggiunto «ma anche il privato è politica. E il nome che la politica ha nel privato è fraternità». «Il pensiero sociale della chiesa» ha infine concluso «deve orientarci ad un’azione riformatrice perché ogni cristiano è chiamato ad essere strumento di Dio per ascoltare il grido del povero e soccorrerlo. Tu vescovo, tu laico, tu cristiano ti commuovi ancora di fronte al dolore del prossimo? Perché, se ti commuovi, cambia tutto».
Di tono diverso, ma altrettanto umanitario e, a suo modo, ugualmente spirituale, il racconto di Aleida Guevara. «Ho avuto un padre comunista e cerco di essere comunista» ha precisato «quindi per me è strano condividere un dialogo con un vescovo, ma è comunque molto interessante». «Non importa quale sia la nostra fede, quali le nostre credenze » ha specificato più tardi in riferimento ad una suora italiana, conosciuta qualche giorno prima in un paese del terzo mondo e subito considerata come “compañera”, e a don Gallo che le ha insegnato l’importanza di rompere gli schemi per essere più vicini tanto al dolore quanto all’allegria della gente. «Quello che conta è quanto ci spendiamo per il prossimo, quello che facciamo per gli altri».
Le parole della Guevara hanno raccontato di un mondo povero in cui si è trovata di fronte a tre bambini con la stessa malattia avendo però a disposizione una sola medicina. «Ho dovuto scegliere quale curare e quali invece condannare a morte» ha confessato «è da allora che ho deciso di combattere il razzismo e il colonialismo».
I suoi discorsi hanno disegnato un terzo mondo che, però, come lei stessa ha ammonito, sta iniziando a prendere coscienza della propria potenza e potrebbe incalzare il “primo mondo” consumato dal consumismo.
Le sue frasi hanno ribadito l’importanza della cultura e dell’informazione, perché un Paese è davvero libero solo se è colto ed informato. Hanno elogiato il valore della solidarietà, appreso da suo padre che le ha insegnato ad alzare la voce per le ingiustizie, anche se lontane dalla nostra realtà. Hanno, però, anche esortato a non intervenire al posto di qualcun altro perché non siamo migliori né peggiori, e perché ogni popolo ha le capacità per liberarsi autonomamente. «Per questo vi prego di ribellarvi» questo il suo ultimo appello «voi europei avete acquistato, negli anni, diritti importanti che vi state facendo togliere. Non perdete le cose belle che avete ottenuto nel corso dei secoli».
Donna forte e combattente sì, ma anche figlia che ha perso il padre a soli sette anni, che si è quindi commossa (video) raccontando i suoi ricordi di infanzia del “Che” padre e che ha voluto salutare il pubblico di Avezzano cantando una poesia di José Martí, a cui le piacerebbe somigliare, dal momento che è stato tanto altruista da voler coltivare una rosa bianca non sono per l’amico sincero, ma anche per il crudele che gli ha strappato il cuore (video).
Maria Caterina De Blasis