ANTROSANO. Don Aldo Antonelli, parroco della parrocchia di Santa Croce ad Antrosano e coordinatore di Libera per la Provincia dell’Aquila, scrive una lettera aperta al cardinale Velasio De Paolis, canonista, presidente emerito della Prefettura per gli affari economici della Santa Sede e uno dei cinque cardinali autori del libro “Permanere nella verità di Cristo”, testo in cui si dichiara inammissibile la proposta del cardinale Walter Kasper di aprire, in alcuni casi, alla comunione ai divorziati risposati. Questo il testo della missiva:
NO, signor cardinal De Paolis!
Leggendo l’intervista che lei ha rilasciato a Paolo Rodari e pubblicata sul giornale La Repubblica sabato 20 Settembre, mi sono subito venute in mente le parole di Gesù, riportate dall’evangelista Matteo al capitolo 23, versetti 1-4: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate ed osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito».
Volendo contestualizzare queste parole nel 2014, in riferimento alla sua intervista, la condanna, molto probabilmente, sarebbe più dura e radicale: «Non fate nemmeno come dicono, perché non dicono bene!».
La condanna non sarebbe soltanto per l’abisso che separa la “dottrina” dalla “prassi”, per voi che impudentemente vi fate chiamare “servi” e siete serviti in tutto e dappertutto. La condanna sarebbe anche per la “vostra dottrina” in cui la “Verità” viene brandita come mannaia sulla testa dei fedeli invece di essere proposta come orizzonte di speranza alla loro coscienza.
Mi permetta una domanda, insidiosa se vuole, ma pertinente e necessaria: «Dunque secondo lei ammettere, a certe condizioni, i divorziati all’eucarestia sarebbe un andare contro la “legge divina”? E da quando in qua una disposizione ecclesiastica è diventata “legge divina”?».
Secondo la “sua” dottrina, i divorziati che hanno formato una nuova famiglia dovrebbero uccidere la nuova, magari felice, famiglia per risuscitare la vecchia, morta famiglia. In confessione non potrebbero essere assolti se non ritornano al primo matrimonio. Sarebbe come chiedere ad un assassino, mi si permetta l’esempio, di risuscitare il morto prima di poter essere assolto.
Se poi, sempre secondo la “sua” dottrina, la persona è vittima della separazione, dovrà continuare a vivere, vita natural durante, da cenobita, un celibato/nubilato forzato!
Mi scusi, ma lei in che mondo vive?
Lei è l’esempio classico di come si possa essere accecati e schiavi di una “verità” che non salva e presuntuosamente garantiti da un “dio” sadico e di pietra!
Lei è la versione “cristiana” dell’intolleranza talebana e del sadismo sanfedista!
La sua (de)formazione canonica l’ha portata a interpretare il Vangelo con le lenti del diritto canonico, mentre dovrebbe rileggere tutto il diritto canonico alla luce del vangelo.
Lei, uomo del sabato invece che samaritano!
Mi domando se lei ha mai avuto occhi per vedere alcune, gravi, situazioni di abbandono, aggravate e consacrate anche dall’emarginazione ecclesiale.
Mi domando se ha ancora orecchi per ascoltare le grida di disperazione e di tormento in cui versano tante coscienze mortificate da delle leggi assurde, passare per “divine”.
Le cronache attuali di esecuzioni e sgozzamenti perpetrati nel nome di un allàh inesistente suscitano riprovazione unanime e sdegno senza eccezioni.
Non altrettanto avviene nei confronti di chi, come lei, usa la verità come coltello per violentare le coscienze ed uccidere ogni speranza.