Con il naufragio dei migranti è naufragata anche l’Unione Europea come patria dei diritti umani”. Così scrive Alex Zanotelli sulla rivista “Mosaico di pace” di maggio, mentre si estende la vergogna di uomini e donne della politica e delle istituzioni (questi sì ancor più impresentabili dei personaggi indicati da Rosi Bindi!) che alimentano e cavalcano il crescente razzismo in questo nostro Paese.
Razzismo = rifiuto di riconoscere altri terrestri come appartenenti all’unica razza umana. Perché tali sono i profughi che provano ad uscire dal loro inferno personale e collettivo, da quelle zone di guerra e terrorismo – come Libia, Siria, Iraq, Afghanistan – terre sconvolte negli ultimi decenni dagli interventi guerrafondai e predatorii delle Potenze mondiali, le quali hanno moltiplicato il numero dei “migranti per forza” in quest’inizio del terzo millennio, ivi compresa quella stessa Europa che oggi mette la testa sotto terra, volendo imitare l’indisposizione dello struzzo.
La “sacra” difesa dei confini (ma non è dato capire – dalle dichiarazioni dei Governatori di alcune regioni – nemmeno più quali siano i confini patrii da difendere!) ha preso il sopravvento sulle normative internazionali, vulnerando il “diritto del rifugiato”, secondo le quali gli individui possono chiedere asilo politico.
L’ipocrisia europea si è manifestata chiaramente quando si è inteso intervenire con il programma Triton (a protezione delle frontiere stabilite dal trattato di Shengen) rispetto al progetto Mare Nostrum (che è stato una grande operazione di salvataggio di esseri umani alla deriva).
Merci e capitali godono di più diritti dei poveri per entrare in un Paese: si rivendicano frontiere impermeabili per le persone e si tollerano frontiere colabrodo per la circolazione del denaro, della corruzione, della tratta sessuale e degli organi umani, fino al turismo sessuale e al commercio delle armi.
E, tuttavia, non saranno astratte rivendicazioni (anche scritte) a fermare la pressione demografica causata da placche di umanità che spingono intere popolazioni a spostarsi, causando terremoti migratori in atto da tempo. Chi da anni prova a stare accanto e in osservazione del fenomeno delle migrazioni, conosce bene non soltanto l’iniquità ma anche l’inefficacia del Regolamento di Dublino: occorre aprire e consolidare i “canali umanitari”, i percorsi diplomatici e gli indispensabili interventi di polizia internazionale per contrastare i mercanti di morte; riconoscere (non “esportando democrazie” o imponendo “primavere di libertà”) i diversi soggetti governativi; cercare la legalità con tutti i mezzi lecitamente ammissibili per smascherare e punire gli esecutori criminali, ma anche i mandanti criminali che fomentano e sostengono le guerre: le banche, con i loro capitali, i Governi, con i loro interessi strategici, la finanza occulta, che divora ogni cosa senza alcun scrupolo.
L’Europa – che per secoli si è gettata su tutti i continenti del pianeta – oggi appare una fortezza spaventata, impaurita, senza parole di chiarezza e di coraggio, senza una pianificazione condivisa. La sua civiltà sembra tramontare di fronte all’euro-indifferenza delle istituzioni comunitarie davanti alle migliaia di morti nel Mediterraneo e alla “pesca dei naufraghi salvati” (come scrive Erri De Luca nella poesia “mare nostro”). La sua spiritualità resta offuscata e compromessa, quella che aveva preteso l’esplicito riconoscimento delle “radici cristiane” nel preambolo della Carta europea.
A rimorchio della peggiore perdita di memoria, il nostro Bel Paese mostra una tradizione di ospitalità dimenticata, quella di 60 milioni (non sessantamila!) di italiani che vivono nel mondo, soprattutto nelle Americhe. Il rifiuto, mediaticamente amplificato, le intimidazioni di soggetti che rivestono incarichi istituzionali rivolte ai Comuni che si aprono a possibili accoglienze, le intolleranze e, addirittura, le diffide indirizzate ad associazioni e famiglie che hanno scelto esperienze di ospitalità, stanno stracciando la Costituzione italiana in quelle enunciazioni sulla solidarietà (art. 3) e sul diritto d’asilo dello straniero (art. 10) che hanno forgiato l’identità del popolo italiano e – mi permetto di ricordare – sono escluse da ogni procedimento di revisione costituzionale.
Meno male che altre Istituzioni restano e resistono: tra queste, le Capitanerie di porto, con il lavoro svolto dai Marinai e dalla moltitudine di operatori dei presìdi amministrativi, degli Enti Locali e delle Organizzazioni umanitarie.
E poi la grande opera dei Prefetti, che non arretrano! L’azione delle Prefetture è altamente encomiabile. “A chi dice di voler bloccare le prefetture – ha affermato Antonio Corona, presidente dell’Associazione Prefettizi e prefetto di Lodi – rispondiamo che le manifestazioni del pensiero vanno assolutamente rispettate finché si mantengono all’interno dei limiti della legalità. Noi, in questa fase di emergenza, cerchiamo di fare fino in fondo il nostro dovere, ma sia chiaro che stiamo intervenendo facendo letteralmente i salti mortali, con strumenti ordinari in una situazione che è oggettivamente straordinaria”.
Chi scrive è testimone dell’abnegazione profusa dalla Prefettura dell’Aquila nell’azione di coordinamento per l’accoglienza dei rifugiati-migranti sul territorio provinciale e regionale (unitamente alle altre prefetture d’Abruzzo), attraverso la rete dei Comuni, delle Associazioni di Volontariato e degli Organismi di promozione sociale.
Anche sulle percentuali degli ospitati nelle varie regioni italiane (in virtù del rapporto tra popolazione residente, valore del PIL e disponibilità di strutture adeguate, pur sempre emergenziali) qualcuno continua a mentire, usando strumentalmente altre misure e altri parametri. Le indicazioni fornite dal Viminale – nella rilevazione del 6 maggio scorso – pongono la partecipazione dell’Abruzzo all’1%, con 1100 profughi accolti.
Nella Marsica, due soggetti del Volontariato (Caritas e Rindertimi) hanno, da qualche mese, alcuni ospiti nelle loro strutture. Essi hanno trovato condizioni di integrazione sociale altamente favorevoli, conformemente ad una mentalità aperta e solidale che affonda le radici nel tragico terremoto del 1915, quando città e paesi furono riedificati con il contributo dei “Migranti di allora”: veneti, pugliesi, marchigiani … belgi, svizzeri, sloveni … la cui presenza e rimasta ancora oggi in molti cognomi di cittadini residenti. La Marsica come “Terra dei popoli”: è anche un impegno attuale per fare memoria del centenario del sisma che la sconvolse e della ricostruzione che ne seguì, come progresso culturale, sviluppo economico e coesione sociale.
Un esempio da imitare.
Gino Milano, presidente del Centro Servizi Volontariato della provincia dell’Aquila