ABRUZZO. Allevatori abruzzesi preoccupati per l’atteggiamento dell’Unione Europea che vuole imporre all’Italia la possibilità di usare latte in polvere per la produzione dei formaggi, gridano il loro “no” a partire dall’Expo.
«Mentre noi siamo a Milano a spiegare ai visitatori dell’Expo come si compie il miracolo della trasformazione del latte in formaggio, qualcun altro vuole invece imporre la polvere come ingrediente autorizzato nella produzione di trasformati» dichiara Silvana Verdecchia di Coldiretti. «Al posto delle oltre 300mila pecore e delle 11mila bovine che pascolano in Abruzzo» prosegue «basteranno pochi sacchi di polvere di latte per avere il vero pecorino e la vera scamorza abruzzese? E l’industria locale vorrà tradire le proprie radici come sta succedendo in altre regioni? Gli allevatori e i consumatori dicono no e si batteranno fino in fondo perché ciò non avvenga».
Un forte allarme, dunque, su cui è intervenuto anche un altro dirigente di Coldiretti, Massimiliano Volpone, che ha commentato con preoccupazione l’indiscrezione secondo la quale a sollecitare la diffida della Commissione Europea nei confronti dell’Italia per porre fine al divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari, previsto dalla legge nazionale numero 138 dell’11 aprile del 1974, sia stata l’associazione delle Industrie lattiero casearie (Assolatte). Un sospetto che è stato confermato parzialmente dal Commissario europeo Phil Hogan che ha parlato di una reazione comunitaria alla protesta di un produttore italiano nel corso dell’audizione alle Commissioni Agricoltura di Politiche europee di Senato e Camera congiunte.
«Quelli che chiedono all’Unione Europea di produrre il “formaggio con la polvere”» commentano da Coldiretti «sono gli stessi che sottopagano il latte agli allevatori italiani con prezzi che non coprono neanche i costi dell’alimentazione del bestiame. Una manovra che fa comodo a chi vuol continuare ad importare prodotti dall’estero da spacciare come Made in Italy per la mancanza di un adeguato sistema di etichettatura sull’origine dei prodotti lattiero caseari. Il risultato è che dall’inizio della crisi hanno chiuso in Italia oltre diecimila stalle da latte con la perdita di posti di lavoro e di reddito ma anche di un ruolo insostituibile di presidio del territorio».
Una situazione che non risparmia certamente l’Abruzzo e mette a rischio prodotti e tradizione, come hanno rilevato questa mattina gli stessi allevatori. «L’Abruzzo» conclude Volpone «ha conquistato con il tempo e il sacrificio degli allevatori seri un primato di qualità riconosciuto ed apprezzato in tutta Italia ma che ora rischia di estinguersi a causa dello scellerato comportamento delle lobby industriali che penalizzano consumatori ignari e produttori seri».