Le compagnie telefoniche sono delle società molto complesse, che tante volte è anche il loro limite. Spesso gli utenti si sentono indifesi di fronte a dei giganti ma, per rimanere in tema di contrapposizioni immaginarie, possono diventare dei topolini che spaventano gli elefanti. L’importante è essere certi dei propri diritti, che troppo spesso non si conoscono.
Ecco un caso esemplare. Una artigiana, dopo il termine di un contratto di telefonia fissa per la propria attività, chiede, con una raccomandata con ricevuta di ritorno, a gennaio 2015, la chiusura del rapporto.
Ovviamente l’utente si ritiene in diritto di interrompere anche il pagamento del servizio, visto che non ne usufruisce più e vista anche la richiesta perfezionata con una raccomandata.
La compagnia, però, continua a inviare alcune fatture finché (finalmente), ad aprile invia una mail con la quale rassicura la propria (ex) cliente che effettivamente ha avviato la cessazione del rapporto.
A questo punto l’artigiana si sente tranquilla e, a maggior ragione, ignora le fatture che continuano ad arrivare. A ottobre dello scorso anno, stanca di ricevere fatture non dovute e anche un po’ preoccupata, si rivolge a un professionista del settore per cercare di risolvere una volta per tutte la situazione. La preoccupazione aumenta quando comincia a ricevere anche lettere di una società di recupero crediti che le ingiunge di pagare il debito. Debito, in realtà inesistente.
Finalmente, dopo l’avvio della procedura dinanzi al Corecom, il professionista incaricato dalla artigiana riesce a incontrare un rappresentante della società di telefonia davanti al conciliatore Corecom nel gennaio di quest’anno.
Come si è conclusa la controversia? Con il riconoscimento dei diritti della artigiana. La compagnia, infatti, ha dovuto concedere la chiusura definitiva del contratto senza oneri e costi (ma è da ricordare che aveva mandato una mail alla propria ex cliente nove mesi prima), il ritiro della pratica di recupero crediti a proprie cure e spese e un indennizzo di 500 euro per i disagi causati.
Paolo Di Vincenzo
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