Quando i tuoi amici salentini conosciuti all'ateneo universitario aquilano ti propongono di andare alla notte della Taranta, non sai esattamente cosa aspettarti.
Così cominci a leggere i giornali, e le notizie non sono delle migliori: l'allerta Isis potrebbe scheggiare quella patina di spensieratezza che ti aspetti, così assoluta e palpabile.
Ma il 27 agosto è arrivato e ti ritrovi sul treno che porta a Melpignano, in mezzo a tamburelli di tutte le misure. Ed è già Taranta. Sai che è uno dei più grandi festival di cultura popolare, solo non sai ancora di arrivare in una zona franca: non esistono
minoranze linguistiche, razziali, non esistono confini.
Il festival della Taranta, alla sua diciannovesima edizione, nacque con la volontà di valorizzare la musica popolare del Salento e il grico, la lingua minoritaria dell’area ellenofona della provincia di Lecce. Un dialetto stretto, che si fonde con la musica e i muscoli contratti dal ballo. Un dialetto che per quanto sia impenetrabile, senti come tuo, perchè le tradizioni dell'Italia tutta sono comunque un lato del bagaglio culturale che da marsicano porti nel mondo.
Quest'anno la notte della Taranta era qualcosa in più, con una consapevolezza diversa.
Il terremoto del centro Italia, come naturale che fosse, aveva spento gli animi e aveva posto quello che è forse uno dei più grandi interrogativi dell'arte: l'arte, in questo caso musicale, può danzare sul dolore, può provare la bellezza a vincere la morte e le sciagure?
Le domande hanno trovato risposta grazie a Carmen Consoli, “maestro concertatore” della manifestazione: «Se la Notte della Taranta deve fermarsi, allora devono farlo anche medici, ingegneri e muratori: il nostro non è un lavoro di serie “b”, non ci sto». Poi con le sue cinque ospiti Fiorella Mannoia, Nada, Tosca, Buika e Lisa Fischer, che
hanno animato la notte, ha sottolineato la necessità di mettere in campo «quello che sappiamo fare per aiutare le persone colpite dal dramma del terremoto: cantare».
E così l'arte ha ritrovato la sua forza, quella di conforto e possibilità di aiutare. Da abruzzesi è stato meraviglioso rivivere la grande forza della solidarietà che riempiva i salvadanai.
''Emergenza Terremoto. La Puglia per la ricostruzione. Dona qui il tuo contributo.'' Questo era scritto sui mega salvadanai che erano all'accesso dell'area concerto. E poi le voci sul palco, che ricordavano che il bene che fai è bene che ricevi.
Infatti, gli artisti stessi hanno deciso di devolvere l’intero cachet della serata in favore delle popolazioni di Lazio, Marche e Umbria.
L'intero progetto, chiamato “La Puglia per la ricostruzione”,messo in campo dalla Regione,servirà alla ricostruzione di una infrastruttura pubblica nelle zone colpite dal sisma.
Il bene porta bene, e questa è l'Italia che ci piace.
Ludovica Salera