AVEZZANO – Questa non è una notizia ma una mera riflessione. E, per una volta, che ha come destinatari un po’ tutti. Chi ha l’età di chi scrive, quindi oltre i 50, ricorderà il centro di Avezzano, fino ad almeno una ventina di anni fa, sotto Natale, per lo meno dall’8 dicembre in poi, talmente pieno di automobili e di persone, soprattutto giovani, da pensare che se fosse caduto qualcosa da un balcone avrebbe sicuramente colpito qualche passante senza riuscire ad arrivare a terra. Si ricorderanno le luminarie dei tempi di Sergio Cataldi e, poi, soprattutto il Natale colorato, illuminato e col sottofondo musicale di Mario Spallone.
Il centro della città diventava un enorme albero di Natale, luci e palline erano rappresentate dai cento negozi tutti aperti che facevano a gara per inventarsi qualcosa di nuovo. Quel mondo non c’è più, tanti negozi non ci sono più e chi resta, dobbiamo dirlo, ogni anno ripete stancamente il rito. Come quelle famiglie che, per non avere il fastidio di rifare l’albero, lo tirano fuori già fatto, tolgono la busta, lo puliscono con l’aspirapolvere e lo accendono. L’albero è fatto ma la festa di “fare” l’albero, di fare comunità non c’è. E’ così che la comunità commerciale del centro di Avezzano non c’è più. Troppi i buchi, in qualche caso le voragini, vorremmo dire le profonde ferite, prodotte dai tantissimi esercizi chiusi senza speranza. Per cercare di celare quelle ferite, quindi, si è tentato di mettere delle luminarie “sfavillanti” ma che, per numero e composizione, tradiscono una voglia di risparmio e una tristezza infinita. In questi anni, inutile dirlo, l’asfittico dibattito su isola pedonale SI o isola pedonale NO, ha fatto sì che non si pensasse ad altro senza capire ed accorgersi che intanto il centro commerciale naturale di Avezzano stava morendo inesorabilmente.
Nessun tipo di intervento radicale e serio è stato fatto dalle amministrazioni comunali Floris e Di Pangrazio se non fare l’anello a senso unico prima e poi disfarlo subito dopo con un’immensa spesa, divenuta spreco di denaro dei cittadini. E ben venga McDonald’s nella zona commerciale fra Avezzano e Cappelle dei Marsi, anche se forse bisognerà pensare a come evitare il caos di auto e le code generatesi l’8 dicembre pomeriggio scorso, ma questo non aiuta certo il centro di Avezzano, anzi favorisce un ulteriore svuotamento anche da parte dei più giovani che faranno di tutto per arrivare nella zona commerciale fuori città. Un altro passaggio che va a favorire l’asfittica e nevrotica socialità da centro commerciale a danno della società della piazza, la piazza vera e non virtuale, fatta di gruppi di amici, chiacchiere, passeggiate e quant’altro. Questa la colpa della politica che non ha avuto la capacità di immaginare e di programmare. Dare tutte le responsabilità alla politica, però, questa volta non sarebbe ne giusto ne veritiero. La crisi economica che da sette anni sferza le nostre contrade, portate ad un evidente impoverimento, ha fatto la sua parte, ma anche i nostri commercianti hanno le loro responsabilità. E sono responsabilità che traggono origine dalla incapacità di leggere i mutamenti e di anticiparli o, quantomeno, assecondarli.
La crisi economica pretende, in questa fase, gli estremi. Il lusso e i prezzi bassissimi, le marche e le grandi catene di stock, il commercio tradizionale affiancato dall’e-commerce. L’immobilità, in sostanza, ha fatto sì che un’organizzazione commerciale e sociale da anni ’80 si trovasse d’improvviso catapultata negli anni 2000. Mutate le condizioni, la festa si è tramutata in oscurità. Rialzarsi, però, si può. In attesa di maggio e della nuova amministrazione comunale, qualunque essa sia, i commercianti di Avezzano centro possono iniziare a progettare il cambiamento per poi chiedere e parlare con la politica affinché si facciano quei progetti innovativi e quegli investimenti necessari per far tornare a vivere il centro città, la piazza vera e non virtuale, né tantomeno quella asettica e impalpabile dei centri commerciali, e far ricominciare la festa.
Pierluigi Palladini