''Abruzzo, forte e gentile''. Correva l'anno 1882, e Primo Levi coniò così l'espressione che ancora oggi, fieramente, disegna il tratto abruzzese, traccia i contorni di questo popolo umile e fiero, indomito e coraggioso.
Si fa presto a dire Primo Levi: bisogna non confondere l'autore dell'espressione con il suo omonimo, il Primo Levi scrittore e sopravvissuto al campo di concentramento di Auschwitz.
Il nostro Primo Levi fu un giornalista e diplomatico, nato a Ferrara nel 1853 e morto a Roma nel 1917. Reduce da un viaggio in Abruzzo, quando alle prese con la penna dovette definire l'Abruzzo, le parole scivolarono da sole con quell'ordine con cui solo loro sanno trovare posto.
"Forte e gentile". Questa citazione è da quel momento il motto della nostra regione e dei cittadini ed era proprio il titolo del racconto di viaggio di Primo Levi.
Vale la pena leggere l'incipit del racconto, perchè in tutta semplicità ed efficacia, c'è tutto quello che di abruzzese ci deve essere.
“V’a nella nostra lingua, tutta, in sé stessa, semplicità ed efficacia, una parola consacrata dalla intenzione degli onesti a designare molte cose buone, molte cose necessarie: e la parola Forza. Epperò, s’è detto e si dice il forte Abruzzo. V’a nella nostra lingua, tutta, in sé stessa, comprensiva eleganza, una parola che vale a comprendere definendole, tutte le bellezze, tutte le nobiltà è la parola Gentilezza. Epperò, dopo aver visto e conosciuto l’Abruzzo, dico io: Abruzzo Forte e Gentile. Epperò, dopo aver visto e conosciuto l’Abruzzo, ho detto e ripeto io: Abruzzo Forte e Gentile.”
Da noi, in Abruzzo, la gentilezza si mischia alla forza. Ma per forza si intende la resilienza, la capacità di resistere ai destini avversi, la neve che si scioglie e un fiore che sotto nasce. Alla base di questa forza c'è la tenacia, come un fiore che resiste sulle rocce più impervie. Un fiore su una roccia: la gentilezza, sulla forza. C'è qualcosa oltre la rassegnazione, ed è il coraggio dei giorni futuri.
Ludovica Salera