AVEZZANO – Nuovo Municipio di Avezzano, o Contratto di Quartiere che dir si voglia, dopo il danno arriva anche la beffa. Il Tar Abruzzo, proprio in questi giorni, ha pubblicato la sentenza relativa al ricorso proposta dalla Irim, l’associazione di imprese che si era aggiudicato l’appalto con il Sindaco Antonio Floris, e che poi è finita, unitamente ad altri, sotto processo per una serie di presunte irregolarità nell’appalto e nei lavori stessi.
Sta di fatto che attualmente la situazione è quella che vede un inutile scatolone di cemento stazionare nel bel mezzo della zona nord della città, privo di impianti e di funzionalità, costato oltre 6 milioni di euro senza che sia stato portato a completamento, che sta facendo arrabbiare un intero quartiere che si sente degradato da questa incompiuta che rischia di andare verso il disfacimento strutturale e che in cinque anni l’Amministrazione di Gianni Di Pangrazio non è riuscita a rendere utilizzabile. Anzi, ha fatto il contrario. L’attuale amministrazione, infatti, su proposta dell’assessore Antonio Di Fabio, portò nel Consiglio comunale dell’1 Aprile 2016 la delibera per l’annullamento in autotutela delle delibere consiliari del 2010 e 2011 relative proprio al Contrato di Quartiere e all’appalto all’Irim. Quella delibera, peraltro, vide l’assenza in consiglio dello stesso assessore Di Fabio, l’uscita dall’aula dell’opposizione che si disse decisamente perplessa sull’adozione di questo atto e l’astensione di Lino Cipolloni che, al tempo del Sindaco Floris, invece aveva votato a favore dell’opera.
L’Irim, quindi, contro questa delibera ha presentato il ricorso al tar e i giudici amministrativi hanno dato ragione all’impresa motivando in questo modo: “Il Comune di Avezzano dispone senz’altro di altri strumenti per tutelare l’interesse pubblico, facendo valere eventuali inadempienze, sul piano esecutivo, della Irim Srl, quali la sospensione dei lavori già dal 2012, la loro eventuale mancata ultimazione fissata nel 2006 in tre anni, la realizzazione di un edificio non funzionante, cioè il corpo A. Quindi non con la rescissione dei contratti, ma con gli strumenti idonei. Le giustificazioni addotte dal Comune, quali la sostituzione del Rup (responsabile unico del procedimento) e il cambiamento del vertice politico dell’amministrazione comunale, sono irrilevanti e ininfluenti al fine della valutazione della legittimità del suo operato”.
Per dirla in parola povere, invece che far tornare tutto al puto di partenza e togliere l’appalto all’Irim, il Comune poteva con strumenti previsti ed idonei far valere le proprie ragioni e costringere la società a completare i lavori. In questo modo, in sostanza, oltre ad un danno all’Irim, che infatti ha presentato richiesta di risarcimento, si adombra anche un danno al patrimonio della città.
Eppure subito dopo la votazione del Consiglio comunale a favore dell’annullamento, l’1 aprile 2016, così scriveva Leonardo Rosa sulle pagine del sito istituzionale del Comune di Avezzano: “Un atto di legalità dovuto e, nella direzione dell'usuale trasparenza e onestà di questa Amministrazione, una scelta che prescinde dagli schieramenti politici e che ha come fine quello di assicurare ai cittadini avezzanesi la realizzazione di un bene di rilevante interesse per la collettività. Abbiamo ritenuto doveroso procedere in autotutela e disporre l'annullamento di quegli atti amministrativi e deliberativi interni che avevano dato luogo alle criticità legali e alle irregolarità segnalate dai consulenti della Procura prima e dai periti del Gip”.
Insomma la convinzione di aver preso la strada giusta c’era tutta da parte del sindaco Di Pangrazio e dei suoi e c’è da aspettarsi anche un immediato ricorso a Tar. Resta un certezza. L’inutile scatolone di cemento resta lì, piantato nel bel mezzo del quartiere nord di Avezzano, esposto al tempo e alle intemperie e quindi al degrado e al deperimento strutturale con buona pace del denaro pubblico speso.
Redazione Avezzanoinforma