Dalla presentazione di Alessandro Zaccaria all’edizione dell'opera pubblicata dalla casa editrice Hacca: I fatti d'Ungheria sono l'evento concreto, di un'attualità ancora irrisolta e bruciante, a partire dal quale Mario Pomilio redige la "favola politica" del Nuovo corso. L'eco della repressione sovietica, nella Budapest del 1956, non si è ancora spenta e quel titolo, che riprende alla lettera il fallimentare esperimento libertario, non poteva essere in alcun modo equivocato dai lettori dell'epoca, né suscita dubbi in quelli odierni. Eppure qualcosa che non torna c'è. A non coincidere, tra modello e racconto, non è tanto la concatenazione dei fatti, rispetto ai quali il narratore rivendica un'assoluta licenza creativa. Il paesaggio, ecco che cosa non combacia: la geografia urbana che fa da sfondo al racconto. Quella città in cui stiamo per addentrarci «potrebbe essere stata o diventare domani la nostra città». Sono le parole a fare dell'edicola di Basilio il solo vero "luogo" del romanzo. Qui, all'alba del giorno fatale che copre quasi per intero la trama, arrivano le copie del quotidiano con l'annuncio del «nuovo corso»: la libertà smette di essere uno slogan e diventa qualcosa di concreto, le istituzioni cedono il passo alla spontanea aggregazione dei cittadini, perfino il Partito si scioglie, considerando ormai esaurito il proprio compito. Non è vero, ma Basilio e i suoi concittadini non possono saperlo, perché il piano (forse un sabotaggio, forse una provocazione decisa a freddo dalle autorità centrali) è stato studiato con astuzia. Libertà, verità, fuoco: è la sintesi del percorso compiuto da Basilio che, all'indomani della sua giornata di gloria, quando ogni illusione si è rivelata vana, decide di dare alle fiamme le copie del quotidiano - autentiche, questa volta, non più contraffatte - in cui si sancisce la permanenza dello status quo. I ritagli si accartocciano, la colla non tiene più. Basilio entra nel sacrario profanato. «Riapparve dopo un attimo di là dalla vetrina, e per un po' sembrò che le fiamme non osassero toccarlo. Poi ne fu avvolto quant'era grande, e subito scomparve».
Le attività si svolgono con l’Assessorato alla cultura del Comune di Collelongo e grazie ai rapporti Istituzionali con Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Regione Abruzzo.
Redazione Avezzano Informa