AVEZZANO – Percorrendo via XX Settembre, tra via Ugo Maria Palanza da una parte e via Vittorio Veneto dall’altra, c’è una piazzetta triangolare con all’interno alberelli, infiorescenze, aiuole e al centro un monumento: è la piazza che Avezzano ha dedicato a Bruno Corbi.
Nel 25 aprile che arriva a 103 anni dalla nascita di Corbi ad Avezzano, è bello ricordare questo avezzanese fuori dal comune, uno che durante tutta la sua vita ha saputo fare le scelte giuste sapendo di rischiare la pelle prima e la messa all’indice dopo. Uno capace di non scendere mai a patti con la propria coscienza di uomo e con la propria morale di combattente per la libertà e l’emancipazione degli ultimi.
Avrei voluto avere la possibilità di intervistarlo ma alla sua morte, il 25 novembre del 1983, avevo appena imparato quando bisogna mettere l’acca prima della a e della o. Allora penso a cosa gli avrei domandato oggi, in un improbabile quanto inverosimile colloquio tra il “qui” e il “lì”. Forse gli avrei chiesto questo: è il 25 aprile, la festa della Liberazione che ti sei guadagnato con le armi in pugno contro l’oppressione e l’orrore nazifascista. Presentati, dì chi sei a tutti quei ragazzi nati dopo la tua morte e che forse non ti conoscono.
E magari mi avrebbe risposto così:
Mi chiamo Bruno Corbi, sono il Comandante della Banda Marsica. Sono nato ad Avezzano il 4 febbraio del 1914, l’ho scampata al terremoto dell’anno dopo e, diciamo così, ho avuto a che fare con i due regimi totalitari del 900, prima da partigiano contro fascismo e nazismo e dopo da fervente comunista all’interno del PCI.
A vent’anni e nel pieno del “consenso” tributato dagli italiani al regime di Mussolini, io ho scelto la strada opposta entrando nell’organizzazione clandestina comunista. Per questo sono dovuto espatriare in Francia e, quando sono tornato nel 1939, i fascisti mi hanno arrestato e il loro tribunale speciale mi ha condannato a 17 anni di carcere.
Caduto Mussolini nel luglio del ‘43, sono stato liberato un mese dopo. Sono tornato in Abruzzo e dall’8 settembre ho organizzato la Resistenza armata dando vita al gruppo di partigiani della Banda Marsica. A febbraio del 1944 i tedeschi mi hanno catturato e rinchiuso nel castello dell’Aquila, lì dentro mi hanno torturato ma non ho fatto nessun nome dei miei compagni di lotta. Mi hanno condannato a morte ma sono riuscito ad evadere prima dell’esecuzione lanciandomi dalle mura del castello con la neve che ha attutito la caduta. Mi sono salvato e ho continuato la lotta sulle nostre montagne fino alla Liberazione.
Il 2 giugno del 1946 sono stato eletto deputato all’Assemblea Costituente contribuendo alla stesura della nostra Costituzione, poi nelle prime due legislature repubblicane come deputato del PCI.
Nel dopoguerra ho continuato la lotta per difendere i valori della democrazia conquistata a caro prezzo e ho lottato con tutte le mie forze per i diritti dei lavoratori e dei contadini del Fucino ancora sotto il dominio dei Torlonia.
Nel 1956, dopo il rapporto Kruscev sui crimini di Stalin e dello stalinismo nell’Unione Sovietica e, soprattutto dopo l’invasione dell’Ungheria da parte dell’Urss, ho preso posizione nei confronti del Partito Comunista Italiano chiedendogli conto dei ritardi e delle titubanze nella condanna di quei fatti, nonché sulla gestione centralistica e burocratica del partito stesso. Non l’ho solo detto, l’ho anche messo nero su bianco. Non sono andato via dal PCI, sono rimasto e dall’interno è rimasto anche il mio dissenso. Quando mi hanno posto la condizione di sconfessarlo e di fare autocritica per essere ricandidato io ho rifiutato. Così non solo il PCI ha impedito la mia ricandidatura ma due anni dopo sono stato cacciato dal partito.
Allora ho lasciato la politica e mi sono dedicato fino all’ultimo alle mie attività editoriali.
Un’intervista improbabile ed inverosimile già. Poi però, per fortuna ci sono i libri e chi ha la voglia di conoscere la storia di questo avezzanese può leggere quello scritto da Giovanbattista Pitoni: “Bruno Corbi, combattente per la libertà”. Chi vuole conoscere più intimamente Bruno Corbi può leggere i due libri scritti proprio da lui: “Saluti fraterni” e “Scusateci tanto”.
Ad Avezzano c’è piazza Bruno Corbi. Nel mezzo, circondato dal verde degli alberi, c’è un monumento in bronzo dello scultore Giuseppe Palombo dedicato ai Martiri di Capistrello: rappresenta un bambino tenuto per i capelli da un soldato tedesco che gli punta la pistola sulla testa e un uomo che cerca di difenderlo per salvargli la vita.
Buon 25 aprile, buona festa della Liberazione, della Resistenza e delle conquiste democratiche nel ricordo di Bruno Corbi, un avezzanese coraggioso e fuoridall’ordinario.
Luigi Salucci Direttore