E’ una giornata di primavera e due avezzanesi vanno a lavoro. Sono Carmine e Giovanni: un imprenditore e un ragioniere (‘’si ragioniere? E ragiona!”) che hanno visto il mercato cambiare molto in 25 anni di lavoro, che hanno visto l’assopirsi lento della loro città, Avezzano, e il susseguirsi di giorni in cui le telefonate sono solo quelle della banca.
Ma qualcosa irrompe nel loro ufficio, il solito quotidiano riporta una buona nuova, forse: la candidatura di Gabriele De Angelis per le amministrative di Avezzano.
Forse, vediamo, c’è da valutare, parlare, discutere: di quello che funziona e di quello che non va, di quello che Avezzano merita, delle possibilità che una città deve poter offrire a tutti.
Quella che davvero sembra una giornata reale, con uno scambio idee forse davvero avvenute, è in realtà lo spettacolo scritto e diretto da Maria Antonietta Dominici, con l’aiuto prezioso di Roberta Placida, e andato in scena sabato 27 maggio nella sala 1 del cinema Astra piena di gente.
Con una finzione scenica che squarcia il velo del reale, Carmine (Alessandro Barbonetti) e Giovanni (Giovanni D’Eramo) parlano e discutono su Gabriele De Angelis.
Con battute mai scontate, mai fuori luogo, lo spettacolo è, in senso socratico, un dialogo perfetto. (Dialogo: da dià, "attraverso" e logos, "discorso"). Ovvero: un confronto verbale che attraversa due persone come strumento per esprimere sentimenti diversi e discutere idee non necessariamente contrapposte, e che mira alla correzione di un errore iniziale per giungere a una verità condivisa da rimettere sempre in discussione.
In discussione c’è Avezzano. La città di Gabriele, la città di Carmine, la città di Giovanni e la città degli spettatori. Discutendo il programma di Gabriele, le sue idee, le sue proposte così sensate (così di buon senso che Carmine penserà di essere stato “spiato” al bar: quelle cose, per Avezzano, le pensava anche lui), giocando con il linguaggio, lo spettatore non può far altro che identificarsi in quello scambio di battute condividendone i dubbi ma soprattutto le speranze.
“Vi presento Gabriele de Angelis” è questo: vedere attraverso pareti di cristallo che in ogni ufficio può esserci uno di noi, un padre in pena per il futuro dei figli, un giovane spaventato perché costretto ad andare via da Avezzano. Una commedia dal taglio brillante, con un Alessandro Barbonetti magistrale, che immagina la sua Avezzano. La immagina in un futuro non ipotetico, non in un futuro anteriore. In un futuro semplice: si può fare. Si possono realizzare molte cose: finire il comune ‘’gnovo”, una pineta pulita, una piazza Torlonia con panchine e “cavallucci”.
Proprio perché in quell’ufficio ci poteva essere ognuno di noi, M.A. Dominici inserisce prepotente la realtà che irrompe nei sogni di un futuro prossimo. Quella realtà è interpretata dagli occhi di Alessandra Barbonetti, che in scena è una ragazza laureata in ingegneria che va a chiedere un colloquio di lavoro nella sua città.
Alessandra non ce la fa più, non ha colpe, eppure trova porte chiuse e trova no, no, no. Sbatte allora tutti i sogni infranti, tutto quello che cerca e non trova, tutto quello che la costituzione dice e lo spettacolo riporta amaramente nel dialogo tra Carmine e Giovanni: L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro (art. 1). E il riconoscimento del lavoro come uno dei principi fondanti dell’uomo, come realizzazione dell’individuo e delle sue aspirazioni materiali e spirituali, e quindi della società tutta. (art.4)
Ma la realtà è anche De Angelis che interpreta De Angelis, che sale sul palco. Che non promette, che può consolare Alessandra, che non può dirgli che ciò che sta accadendo non sia vero. Ma è tutto così grottescamente vero che il bisogno prossimo è quello di svegliare Avezzano da quel lento torpore in cui sembra essere scivolata. Insieme.
Ludovica Salera