75190 è questo il numero tatuato sul braccio di Liliana Segre, la nuova senatrice a vita nominata dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Un tatuaggio che non rappresenta certo un vezzo estetico, ma un marchio che ha tolto nome e identità ad una ragazzina di 13 anni, facendo di lei l’ennesima prigioniera ebrea del campo di concentramento di Auschwitz.
Dalle stesse sale in cui 80 anni fa il Re d’Italia, Vittorio Emanuele III, la cui salma è tornata da poche settimane in Italia tra polemiche e titubanze, firmò le leggi razziali volute dal regime fascista, oggi il Capo dello Stato firma un documento ben diverso, dal valore non solo simbolico, ma anche politico. Non sembra un caso, infatti, che la nomina di Segre a senatrice a vita arrivi non solo ad una settimana dalla Giornata della Memoria, ma anche a pochi mesi dalle elezioni politiche, mentre si fa sempre più preoccupante la recrudescenza di atteggiamenti xenofobi e razzisti.
Nata a Milano il 10 settembre 1930, Segre all’età di 8 anni fu costretta a lasciare la scuola a causa delle leggi razziali e in quel momento finì la sua infanzia, come ebbe modo di raccontare qualche anno fa in un’intervista al quotidiano La Repubblica. Nel gennaio del 1944, a furia di calci, pugni e bastonate, venne poi fatta salire su un treno al binario 21 della stazione di Milano Centrale e deportata al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. A differenza dei suoi familiari e di milioni di ebrei, ne uscì viva il primo maggio 1945.
Da allora la neo senatrice ha iniziato a far conoscere la sua storia, a portare la testimonianza di quello che è stato, per dare voce a coloro che non sono potuti tornare da quei campi inumani, in cui hanno trovato la morte per la sola colpa di essere nati.
Un racconto che non terminerà affatto con questa nomina arrivata “per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale” e controfirmata dal Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ma che acquisterà ancora più forza perché il ricordo si fa sempre più necessario. Quando ha appreso la notizia, infatti, Segre ha così commentato la scelta di Mattarella: «Coltivare la memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare».
Maria Caterina De Blasis