AVEZZANO. «Per la politica abruzzese, e in particolare per la giunta regionale, è arrivato il momento di prendere atto della realtà. Di una Regione, la nostra, che nonostante le rassicurazioni, le presentazioni a raffica di provvedimenti regionali per l’occupazione e le dichiarazioni televisive non riesce a rialzarsi da una crisi che ha assunto aspetti davvero drammatici». È quanto dichiarato da Gianni Di Cesare, segretario regionale della Cgil Abruzzo.
«Siamo in un Paese in recessione, ovvio» prosegue Di Cesare «ma all’Abruzzo la ripresa, senza interventi specifici e mirati per il nostro territorio, da sola non basterà, la Regione dovrà cambiare passo se non vuole rischiare di tornare indietro, verso il Mezzogiorno, verso temi e problemi sociali dai quali si era faticosamente emancipata».
«D’altra parte sono gli ultimi dati forniti dall’Istat a dover preoccupare» aggiunge il segretario. «In Abruzzo non soltanto non si crea nuovo lavoro, ma sfuma anche quello che c’era prima: in un anno (dal terzo trimestre del 2012 allo stesso periodo di quest’anno) abbiamo perso 31 mila posti di lavoro, mentre il tasso di disoccupazione dal 9,5% è cresciuto fino all’11,8%. Negli ultimi dieci anni non si era andati mai così male».
Notizie negative, quindi, che si aggiungono ad altre non certo migliori, come quella, ricorda Di Cesare «dell’esclusione dai grandi corridoi di trasporto europei. In queste condizioni sarà difficile per l’Abruzzo una risalita del tasso di occupazione, che nel periodo considerato è sceso dal 56,9% al 53,1%».
Il peso della disoccupazione in Abruzzo è testimoniato dall’aumento delle persone in cerca di lavoro, 64 mila, diecimila in più rispetto all’anno scorso, ma soprattutto dal crescente numero di inattivi: donne e uomini che, sfiduciati, non si iscrivono alle liste di collocamento e cessano di ricercare un’occupazione. «Senza dimenticare» specifica il segretario regionale della Cgil «che l’Istat colloca tra gli occupati anche chi utilizza i vari ammortizzatori sociali e quindi non lavora più in un’azienda».
La Cgil dunque vuol ricordare a tutti che i “pannicelli caldi” non bastano più, che gli interventi estemporanei vanno bene in televisione ma non risolvono quasi nulla, che c’è bisogno di un’inversione di rotta radicale. «L’Abruzzo è già sceso sotto la soglia del mezzo milione di occupati (erano 508 mila, oggi sono 477 mila): quanti altri dovremo perderne prima di cambiare la politica economica e quella industriale? Cosa diremo ai giovani che non trovano occupazione?».
«Da parte nostra» conclude Di Cesare «qualche idea l’abbiamo già messa in campo. In particolare dobbiamo sottolineare che per la Cgil il piano per il lavoro non è uno dei tanti punti dell’agenda politica e sociale del Paese ma un punto centrale per la ripresa economica e la crescita. Servono azioni forti, decise, perché da questa crisi si esce soltanto con una grande trasformazione, con un nuovo modello di sviluppo».