«Londra in questi anni è cambiata ma fondamentalmente è sempre uguale a se stessa. E’ tutta questione di prospettiva»
L’incontro che non ti aspetti. Arrivo al bar in una tarda mattinata d’autunno, ad Avezzano è l’ora dell’aperitivo. Insieme ai soliti amici, c’è un tipo che forse avevo visto qualche tempo prima ma che non conoscevo. Mi presento e lui: «Piacere, sono Peter Aquaria». Noi sorseggiamo il nostro vino bianco e Peter passa tra le mani il bicchiere di analcolico mentre guarda la città dalla quale è andato via per sbarcare in Inghilterra. Più lo guardo e più per me lui è il “lupo mannaro marsicano a Londra”, somiglia moltissimo al protagonista del film “Un lupo mannaro americano a Londra”, la pellicola di John Landis del 1981 che mi ha terrorizzato. Mio fratello ancora ha i brividi.
Sono più di dieci anni che Peter sta lì, ci vive per scelta e ci lavora. «Com’è la capitale inglese di questi tempi?», gli chiedo, e lui: «Londra in questi anni è cambiata ma fondamentalmente è sempre uguale a se stessa. E’ tutta questione di prospettiva».
Mi accorgo presto che Peter è ispirato quando c’è da analizzare, sintetizzare e raccontare: «Già dagli anni ‘70 e fino ai primi anni 2000 la maggioranza degli Italiani che si trasferiva a Londra lo faceva per spirito di avventura, per vivere un'esperienza di vita (più o meno lunga) e ovviamente per imparare l'inglese. La capitale inglese ogni estate era invasa da giovani spensierati provenienti da tutto il Bel Paese che tra una foto alla residenza reale, una passeggiata ad Hyde Park e una visita al British Museum, si mettevano alla ricerca ricerca della loro idea di Londra. C'erano gli appassionati di musica che volevano rivivere la leggendaria scena rock/punk nei locali di CamdenTown, c'erano gli appassionati di moda in cerca di ispirazione nelle vetrine degli estrosi designers di Carnaby Street e c'erano coloro che semplicemente si abbandonavano lascivi nei piaceri del vizio più sfrenato negli antichi bordelli di Soho. Poi come sempre c'erano gli sfigati che passavano intere giornate a Piccadilly Circus a fare lo struscio».
Una Londra dello studio, del lavoro e delle opportunità: «Molti ragazzi per potersi permettere questo stile di vita si trovavano un lavoretto in un bar, in un coffee shop che come si sa le sterline non sono mai abbastanza. La sera tutti stì Italiani, insieme ad altri giovani provenienti da tutto il mondo, si riversavano nei vari pubs del centro, dove con molta disinvoltura si passava dalla pinta allo shot da una chiacchiera a un bacio, interrotti solo dal suono della campana che implacabilmente segnalava la prossima chiusura dell'esercizio. Una volta fuori dal pub tutti questi ragazzi,organizzati in gruppi, andavano a ingrossare le già interminabili file dei vari clubs del West End e una volta dentro si ballava per ore al suono della migliore musica dance del mondo».
E quando l’estate finiva? «Beh, la maggior parte di questi ragazzi tornavano in Italia, i nostri eroi avevano imparato quattro parole di Inglese, quelle che a malapena potevano servire per rimorchiare e ordinare una pinta ma erano tutti felici per aver vissuto un'esperienza indimenticabile nella terra del nord dove orgogliosamente si erano sentiti cittadini del mondo. Una parte di questi giovani invece no, non sarebbe tornata a casa, l'estate aveva cambiato la loro vita e tornare indietro non avrebbe avuto più senso, per la disperazione delle famiglie questi giovani avevano scelto di restare nel solco tradizione della già numerosa comunità Italiana di Londra».
A sentire Peter, questo spirito è rimasto invariato fino ai primi anni 2000, «fino a che l'Italia e l'Europa sconvolte da una lunga crisi si sono trovate a fronteggiare una disoccupazione giovanile a livelli mai visti prima. Per un’intera generazione di ventenni/trentenni il lavoro, perfino precario, è diventato un miraggio. Te lo dicevo, Londra in questi anni è cambiata ma fondamentalmente è sempre uguale a se stessa. Migliaia di giovani da tutto il mondo la visitano ogni estate per imparare l'inglese e condividere esperienze, quello che è cambiato veramente è l'approccio con cui i giovani Italiani vengono a vivere in città, ormai si è persa la spensieratezza di una volta, dove si veniva alla ricerca di una atmosfera rock/fashion. Adesso si va a Piccadilly o a Camden con un CV in mano a cercare di convincere il manager del pub a darti un lavoretto per guadagnare qualcosa, non più per un'estate all'insegna dell'avventura, ma per cominciare a costruirsi un futuro».
Qualche giorno fa Peter mi ha inviato la foto che ho messo in apertura: è Londra, Hyde Park Corner, con street art di Bansky, l’artista e writer inglese. Gli artisti hanno una sensibilità tutta loro che li porta a vedere prima degli altri le cose della vita e leggendo quella frase si capisce l’aria che tira oltre manica. Ma ci si può far prendere da un attacco di disillusione da crisi? Assolutamente no. Come mi disse Peter Aquaria mentre giocava con il ghiaccio del suo aperitivo: «E’ tutta questione di prospettiva».
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